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Congo

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robbyscopio
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Iscritto il: 01 giu 2015, 18:37

Congo

Messaggio da robbyscopio »

Siamo in Congo da ieri e Trésor è con noi [...]. Abbiamo una camera tutta per noi, come le altre famiglie venute qui per le adozioni. Il caldo equatoriale è insopportabile e rallenta i movimenti, le grosse zanzare africane mi spaventano: chissà che malattie portano. Ma sono felice. Trésor dorme tra me e mio marito, così dolce e fiducioso da lasciarci senza fiato. E' stato abbandonato a pochi mesi, ha sempre vissuto in un orfanotrofio e non ha parenti: deve essere molto forte e generoso per averci aperto subito le braccia.
Non vediamo l’ora di tornarcene a casa dove ci aspettano parenti e amici per festeggiare l’arrivo del piccolo. Il nostro soggiorno africano dovrebbe durare al massimo un paio di settimane per completare un iter burocratico iniziato mesi e mesi prima. Ma perché, allora, dopo 14 giorni non ci fanno partire? Perché ci tengono chiusi in questa oasi senza darci spiegazioni? Perché nessuno riesce ad avere notizie attendibili? Ci sono 31 bambini che dovrebbero venire in Italia. Che cosa sta succedendo?
«Alcuni dossier non sono in ordine», ci spiegano all’ambasciata. «Non si tratta di documenti di famiglie italiane. Ma il governo di Kinshasa ha deciso di sospendere tutte le adozioni di attesa in vederci più chiaro». Una doccia gelata. Nonostante le rassicurazioni, iniziamo a rosolare sulla graticola. Ricordo con chiarezza l’impegno da parte del ministero e soprattutto del responsabile dell’Unità di crisi della Farnesina, Edoardo Pucci, lo rivedo muoversi con decisione, incontrare le persone che contano nell’ambasciata e poi tornare a riferirci. L’attesa non ci fa bene, lo stress ci rende sospettosi e impauriti. La sera, senza farmi sentire da Trésor, piango disperata. Perdo quattro chili in meno di un mese. Mi sento fragile, intrappolata, incerta. Mio marito, esce [...] per fare un po’ di spesa nel supermercato, ma a noi è fortemente sconsigliato: «Per la vostra sicurezza», ci spiegano. Ci sono militari ovunque e non vedrebbero di buon occhio adulti bianchi assieme a bambini africani. Costretta a questa permanenza forzata, vorrei almeno poter dare un’occhiata al Paese di mio figlio. Ma vedo ben poco. Soltanto una capitale caotica e sterminata, afflitta da gravi problemi, uno su tutto la povertà. E tra strade sterrate, militari sospettosi e un numero altissimo di lustrascarpe, ci sono centinaia di bambini soli. Non è un caso se il Congo ha una richiesta altissima di adozioni da tutto il mondo.
robbyscopio
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Re: Congo

Messaggio da robbyscopio »

I giorni si succedono animati dalla speranza, ma nulla sembra sbloccarsi. “Abbiamo qui nostro figlio, è l’occasione per conoscerlo prima del ritorno in Italia”, penso, cercando di restare ottimista. Ma non è facile mantenere la calma e il buonumore nell’incertezza. «Tu hai i capelli ricci e papà lisci. Tu hai la pelle scura e la mamma bianca, proprio come questo Kinder», racconto una sera a Trésor per spiegargli la ricchezza della differenza «E la mamma è la carta argentata che ci ricopre!», risponde pronto, mordendo un pezzetto di cioccolato. Mi sorprende la sua velocità. Capisce al volo e si esprime senza difficoltà in una lingua che non è sua. Talvolta traduce in italiano ciò che dicono i suoi coetanei. Come tutti i bambini è entusiasta e curioso, non vede l’ora di partire e scoprire la sua nuova casa, la sua cameretta e i nonni. Ma il tempo passa. Stiamo finendo soldi, medicine e pazienza. Abbiamo i documenti in regola per riportare nostro a figlio a casa con noi, ma non possiamo farlo. «E' meglio che rientriate in Italia e lasciate il bambino [...], per permettere alle autorità congolesi di risolvere i problemi con calma», ci viene spiegato. Calma? Non so proprio cosa sia. Ma perché dovrei lasciare mio figlio: non ha già sofferto abbastanza? E se non ci permettessero di tornare a prenderlo? Mi sfogo con mio marito, con le altre madri, con gli altri padri. Ma, lo sappiamo bene, non possiamo fare nulla. Quella vicenda ha contorni più grandi di noi.
La vigilia della partenza è come se mi avessero strappato il cuore e devo confrontare Trésor. Spegniamo la luce in camera e lui è accoccolato nel lettone: «Mamma, papà, domani non c’è forza». «Ce la faremo», rispondo con voce incrinata. «Se mamma e papà vanno, io piango», aggiunge con un filo di voce. E' uno strazio. Vorrei spiegargli che non dipende da noi, vogliamo solo evitare di creare problemi più grandi. Ma un bimbo può capire situazioni complesse che riempiono di dubbi anche noi adulti?
Il viaggio di ritorno è deprimente, così diverso da quello che avevamo immaginato due mesi prima. Non voglio incontrare giornalisti e fotografi anche se so che il sostegno dell’opinione pubblica è importante. Sono troppo preoccupata preferisco sperare e pregare.
Per fortuna c’è Skype per rivedere Trésor, quando la linea funziona, naturalmente. «Mamma, papà, quando venite a prendermi?», ci chiede mentre ci mostra i suoi di- segni, ci racconta cosa fa e cosa mangia. Che strazio saperlo a migliaia di chilometri di stanza, mentre su questa vicenda cade il silenzio. Ma quattro mesi dopo, finalmente, la situazione si sblocca.
robbyscopio
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Re: Congo

Messaggio da robbyscopio »

Ricordate le 24 famiglie italiane confinate a Kinshasa e poi separate dai loro bimbi adottivi? Lara è una di quelle mamme. Il suo racconto!!! veramente allucinante!!!
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